Quando si parla di design italiano è impossibile non fare riferimento ad Achille Castiglioni.
Tutti conosciamo almeno uno degli oggetti progettati da lui, magari senza sapere che è suo.
Achille Castiglioni nacque a Milano nel 1918, dallo scultore Giannino. Si laureò al Politecnico nel 1944, nel 1956 fu tra i fondatori dell’ADI, l’Associazione per il Disegno Industriale. Nel 1962, insieme al fratello Pier Giacomo, disegnò per Flos la celebre lampada Arco.
Proprio a proposito del suo Arco, Castiglioni disse:
«Pensavamo a una lampada che proiettasse la luce sul tavolo: ce ne erano già, ma bisognava girarci dietro. Perché lasciasse spazio attorno al tavolo la base doveva essere lontana almeno due metri. Così nacque l’idea dell’arco: lo volevamo fatto con pezzi già in commercio, e trovammo che il profilato di acciaio curvato andava benissimo. Poi c’era il problema del contrappeso: ci voleva una massa pesante che sostenesse tutto. Pensammo al cemento prima, ma poi scegliemmo il marmo perché a parità di peso ci consentiva un minore ingombro e quindi in relazione ad una maggior finitura un minor costo.»
La lampada nasce dunque dal bisogno di far arrivare la luce dall’alto senza dover mettere un lampadario a soffitto o qualcosa di ingombrante vicino a un tavolo. Come molte altre cose pensate da Castiglioni, è essenziale. La base è un parallelepipedo in marmo di Carrara bianco, pesa circa 65 chili e ha, nel baricentro, un foro concepito non come decoro, ma come accorgimento per sollevare la base con facilità, inserendovi ad esempio un manico di scopa. L’arco, composto da quattro elementi, è invece in acciaio. L’altezza da terra della lampada è di circa due metri, e due metri è anche la distanza tra il diffusore e la base in marmo. I Castiglioni spiegarono di essersi ispirati, per le forme, ai lampioni stradali.
Oltre ad aver segnato la storia del design italiano, Arco ha cambiato le cose anche per quanto riguarda il diritto d’autore. In molti provarono a produrre modelli simili. Nel 2007 Flos fece causa ai negozi Semeraro, che producevano in Cina lampade molto simili ad Arco vendendole col nome Fluida. Semeraro sostenne di poter copiare le lampade perché nel frattempo i diritti per Arco erano scaduti e diventati quindi di pubblico dominio. Flos sostenne invece che Arco non era solo un prodotto industriale ma un’opera d’arte. La causa venne vinta da Flos e la legge sulla protezione del diritto d’autore di prodotti di design industriali fu cambiata.